Lost & Found. Nella sua terza edizione, oltre a indicare un titolo, “Lost & Found” rappresenta anche il problema con cui questi sei film si confrontano, una condizione di esistenza che riguarda l’acquisizione dell’immagine che, nella sua impressione su pellicola, vive sempre un processo – appunto – di perdita e di recupero del reale. Questo accade comunemente nel cinema e in particolar modo in un genere. Chantal Akerman, Jean-Luc Godard, Sarah Polley sono solo alcuni tra i registi chiamati in causa per analizzare da vicino il documentario come prova dell’impossibilità dell’essere-di essere e come testimonianza di uno stato di cose. Sei film chiamati ad analizzare quindi la natura strutturalmente paradossale di questo genere, che consiste nella pretesa di separare il filmato da una componente autoriale e rielaborativa, ex-post, riflessa. Così facendo, il documentario nega le implicazioni estetiche ed etiche proprie della natura cinematografica: nega di essere una situazione-immagine che è già “scarto” nel suo darsi, scarto di un’esperienza; afferma – erroneamente – un’autenticità che non può che essere ricordo di un’autenticità, dal momento in cui questa viene solo testimoniata dalla rappresentazione; soprattutto, si pone come un ritratto che, onde evitare di trovarsi a nostra volta ritratti e per restituire quanto più fedelmente prossimo alla “realtà”, bisogna “dipingere” a occhi chiusi. Allo stesso modo, l’unico vero, ideale documentario lontano dalla fiction è quello che porta occhio umano e occhio-mirino della cinepresa a osservare lo stesso oggetto, purché separati l’uno dall’altro. Magari anche in corsa, o in un qualsiasi stato che non lasci riflettere troppo sul possibile risultato. Così, sarebbe più probabile che il filmato non rappresenti del tutto una volontà autoriale quanto, piuttosto, qualcosa di veramente “attuale”, inteso come “di fronte alla cinepresa” e “che è – o perlomeno tende ad essere, come tutto il cinema – in atto”. Il documentario sembra così l’oggetto di studio perfetto per una rassegna come Lost & Found, nel suo essere un genere che inevitabilmente è destinato a perdere nel suo trovare/recuperare detriti di realtà. (Edoardo Genzolini)
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Lunedì 3 aprile ore 21.30
FRACTION OF TEMPORARY PERIODS ovvero Plans-séquences per una bambina di Piero Bargellini (Italia, 1968, b/n, 28’ + 20’)
Sonorizzazione live a cura di PALENQUE PACAL Vinyl Sonata Für 4 Turntables And Drums
Introduce Fulvio Baglivi (redazione Fuori Orario cose (mai) viste)
“Per me affacciarsi alla finestra e osservare fuori è come vedere un film. Filmare è un modo per prolungare la condizione di spettatore e estraniarla. Ho fatto questo film molto istintivamente, naturalmente. Ora sto incominciando a imparare a vedere. L’idea stessa di qualcosa che si muove, come un uccello che vola…il movimento. La sensazione di un oggetto nello spazio, come la luce su di uno schermo… lo spazio. La velocità del sole… il tempo… l’inverso dell’immagine, oppure la sua a(e)ssenza. Un consiglio: andate a vedere un bel film hollywoodiano: una storia melodrammatica, sentimentale.” (Piero Bargellini)
Tutte le proiezioni sono alle 21.30 – ingresso € 6,00