giovedì 1 gennaio
ORARI (click per mostrare/nascondere)
Aleksandr Sokurov
Un film di Aleksandr Sokurov. Con Louis-Do de Lencquesaing, Benjamin Utzerath, Vincent Nemeth, Johanna Korthals Altes.
Titolo originale Le Louvre sous l'Occupation. Drammatico, durata 87 min, colore - Francia, Germania, Paesi Bassi, 2015 - Academy 2.

Francofonia. Sokurov utilizza il Louvre come macchina del tempo e si fa pittore, storico e marinaio.

Jacques Jaujard era il conservatore in carica nel momento in cui la Francia fu occupata dai nazisti. Il conte Franziskus Wolff-Metternich era invece l’uomo mandato da Berlino per ispezionare l’inestimabile patrimonio artistico del museo parigino e trasferirne in Germania una parte. I due erano molto diversi, un funzionario e un aristocratico, e molto nemici, ma collaboreranno per preservare i tesori dell’arte e ciò che rappresentano. Sono loro a cui pensa Sokurov, nel realizzare un film sul Louvre, ma anche a Napoleone e alla Marianne, fuoriusciti dai dipinti, all’Hermitage e all’assedio di Leningrado, e a un mercantile che viaggia nella tempesta, come una moderna arca, con un carico di quadri che rischiano di finire per sempre in fondo all’Oceano. Sokurov va oltre l’idea del museo come contenitore per preservare l’arte e ne canta in questa elegia la natura di ritratto di una nazione e di un continente, codice genetico identitario.
Ci sono momenti di Francofonia in cui pare di trovarsi dentro un’histoire di Godard, per il tono assertivo delle affermazioni politiche, la gravità e l’ironia, per la combinazione dei materiali visivi e lo sconfinamento di quelli sonori. L’incedere di Sokurov attraverso il Louvre è lontano da quello dell’Arca russa e, in generale, il film che ne esce è molto diverso, meno coerente nel progetto estetico, più variamente stratificato e assemblato, così come i materiali che lo compongono, dalle foto d’epoca alle conversazioni via computer col capitano del mercantile, dalle ricostruzioni forzate, al teatro, al repertorio. A questa dimensione grafica di pastiche, si associano i rimbalzi temporali, il presente delle riprese e il passato prossimo dei confitti mondiali, il passato remoto della scultura giordana di nove mila anni fa (un salto di pochi istanti che lascia storditi e smossi) e il presente della proiezione, cui è impossibile non pensare, con il mare a teatro di perdite immani e la distruzione mirata della storia antica del Medio Oriente, del tesoro della sua identità culturale, appunto. “Uno stato ha bisogno di un museo per esistere”, dice il film, mentre sedicenti stati costruiscono la loro esistenza sullo smantellamento del museo di un mondo. Ma Sokurov mescola il tempo anche all’interno del girato stesso, inventando un duo di operatori alla Lumière nella Parigi occupata, dove passano turisti con abiti di oggi.
All’incontro tra Jaujard e Wolff-Metternich si affianca quello del cineasta e dello storico che si fanno, per l’occasione, una persona sola. Sokurov si mette sulle tracce di Jaujard e Metternich proprio come uno storico dell’arte si mette sulle tracce dei personaggi di un quadro, entra nelle loro vite, nelle loro case. All’inizio del suo viaggio annovera tra i caratteri fondanti dell’identità europea la tradizione del ritratto, quel perpetrare la vita attraverso la raffigurazione del volto, che il primo piano cinematografico ha portato all’estremo. E allora non poteva mancare la Gioconda, presa a oggetto di un’efficace variazione dell’effetto Kulesov: alla sua leggendaria enigmaticità si può associare qualsiasi monologo, tanto quello rivoluzionario di fine ‘700 quanto quello egocentrico e assolutista di Bonaparte. Il tempo dell’arte non è quello dell’uomo, va oltre: fu questa consapevolezza ad accomunare Jaujard e Metternich. Ma la straordinaria vicenda della conservazione dei tesori del Louvre, nascosti nei castelli e scampati alla razzìa nazista, serve anche a Sokurov per suonare un requiem a ciò che è invece andato perso per sempre, nella sua Russia e nel resto dell’Europa orientale.