PROGRAMMAZIONE CONCLUSA
Michael Haneke
Un film di Michael Haneke. Con Isabelle Huppert, Mathieu Kassovitz, Jean-Louis Trintignant, Fantine Harduin, Dominique Besnehard.
Titolo originale Happy end. Drammatico, durata 110 min, colore - Francia, 2017 - Cinema.

Happy End. Il nuovo film di Michael Haneke, presentato in concorso all’ultimo Festival di Cannes.

Una famiglia dell’alta borghesia a Calais. Il padre è il fondatore di un’azienda che ora è guidata dalla figlia e dal riottoso nipote. I due debbono risolvere il problema di un grave incidente che ha causato una vittima. Al contempo il fratello di lei, passato a seconde nozze, ha problemi con la figlia di primo letto che viene a vivere con lui dopo il ricovero della madre. Intorno a loro il Mondo che affronta ogni giorno altri tipi di problematiche.

Michael Haneke ci aveva lasciato con il ritratto di un’anziana coppia in un interno doloroso per il progredire di una malattia di Amour e torna dopo cinque anni a proporci la sua visione sempre più pessimistica del presente in evidente e provocatoria controtendenza rispetto al titolo.

Lo fa proponendo a un certo punto anche un rimando al film precedente ma soprattutto mutando in modo sensibile l’approccio linguistico. È un film asciutto e ‘duro’ come la tesi che lo sottende quello che ci propone. In più di un’occasione assistiamo solo alle conseguenza di un’azione senza che questa ci sia stata mostrata o, in qualche maniera, proposta. Veniamo così brutalmente messi dinanzi alla dissoluzione di qualsiasi speranza nel futuro e, forse, anche nei confronti del cinema.

Lo sguardo di Eve, la più giovane della famiglia ha come limiti cogenti quelli di una videocamera di telefono cellulare con la quale riprendere freddamente quanto accade riducendo a questo atto il proprio intervento sulla realtà. Lo sguardo che un tempo si apriva sul mondo si è ora rattrappito divenendo autoreferenziale. La consapevolezza non si è spenta in Eve che ha ben chiaro quanto le sta accadendo intorno e ha le chiavi per accedere anche a ciò che le dovrebbe essere precluso. Questo però aumenta il suo distacco. È come se Haneke auspicasse il ritorno a un istinto di ribellione che è stato ormai ibernato da una conoscenza che non si traduce in sapere e quindi in partecipazione. La Giulia de I pugni in tasca ed Eva di Happy End finiscono così idealmente con il parlarsi a distanza di più di 50 anni. Il vuoto esistenziale le accomuna, la tecnologia le distanzia di anni luce ma la Giungla di Calais fa la differenza.