PROGRAMMAZIONE CONCLUSA
Bruno Chiaravalloti, Claudio Jampaglia, Benedetta Argentieri
Un film di Bruno Chiaravalloti, Claudio Jampaglia, Benedetta Argentieri. Con Joshua Bell, Karim Franceschi, Rafael Kardari.
Titolo originale Our War. Documentario, durata 68 min, colore - Italia, USA, 2016 - MovieDay.

Our War – Chi combatte l’ISIS? Tre ragazzi decidono di partire arruolandosi come volontari nelle Unità di Protezione Popolare in Siria. Qual è la loro motivazione profonda?

 

Our War, selezionato Fuori Concorso alla 73ª Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, narra, da un punto di vista ancora poco conosciuto, lo scenario della guerra più importante del nostro tempo, quella contro il terrore dell’Isis che dalla Siria rischia di espandersi in tutta Europa.

Joshua (30 anni) è un ex marine del North Carolina che ha deciso di andare a sostenere i combattenti curdi nell’area della Siria che l’Isis cerca di occupare. Lo stesso ha fatto Karim Franceschi (27 anni) raggiungendo Kobane così come Rafael (28 anni) di origini curdo-irachene e residente in Svezia. Il documentario ce ne propone le motivazioni e li segue nei luoghi dei combattimenti.
La dizione “foreign fighter” si associa ormai per abitudine a coloro che, abilmente indottrinati da emissari dell’integralismo jihadista, lasciano la loro quotidianità per andare ad ingrossare le file dei terroristi dell’Isis ovunque essi siano in azioni di guerra. Questo documentario di Argentieri, Chiaravalloti e Jampaglia ci invita a considerare che in realtà si tratta di una definizione di comodo tendente alla semplificazione. Perché ci sono anche combattenti che si schierano sul fronte opposto. La storia ci ricorda che nel 1936 in Spagna accadde la stessa cosa. Non furono solo gli Stati (con modalità e impegno diversi) ad andare a sostenere l’una o l’altra delle parti in lotta ma anche semplici cittadini di varie nazionalità. Chi volesse conoscerne le motivazioni può vedere o rivedere Terra e Libertà di Ken Loach. Perché è proprio sulle motivazioni delle tre persone, a cui viene dato modo di raccontare la propria esperienza, che si finisce con il porre l’attenzione. C’è chi si è sentito ribollire il sangue quando ha visto fucilare dall’Isis dei bambini in un video (Rafael), chi è ancora un comunista duro e puro pronto a combattere per gli oppressi (Karim) e chi aveva bisogno di trovare un luogo in cui potersi trovare in guerra senza essere sottoposto a una rigida disciplina (Joshua). È proprio da quanto dice di sé l’ex marine che può nascere una domanda estensibile anche agli altri due e che è sintetizzabile in una sola parola: perché?
Le immagini girate nei luoghi in cui si combatte e si muore restituiscono con grande efficacia il clima di continua tensione in cui si è costretti ad esistere. Le descrizioni del decesso del primo nemico caduto per propria mano mettono a nudo le coscienze ma il quesito resta. Siamo di fronte ad eroi che un giorno speriamo di dover ringraziare per il contributo che hanno dato alla sconfitta dell’Isis oppure dinanzi a persone che hanno trovato nell’ideale un modo per sublimare in positivo le proprie pulsioni, il proprio bisogno di sfidare la morte? Gli autori non ci danno e non ci vogliono dare una risposta precostituita. Ci chiedono di guardare e di pensare senza utilizzare alcuna sollecitazione emotiva addizionale e di collocare a nostra scelta l’aggettivo possessivo che fa parte del titolo. La guerra viene definita come ‘nostra’. Di chi? Di noi tutti o solo di loro? Sui titoli di coda c’è una canzone di Eugenio Finardi che merita l’ascolto.