PROGRAMMAZIONE CONCLUSA
Dominic Savage
Un film di Dominic Savage. Con Gemma Arterton, Dominic Cooper, Frances Barber, Marthe Keller, Montserrat Lombard.
Titolo originale The Escape. Drammatico, durata 105 min, colore - Gran Bretagna, 2017 - Fil Rouge Media.

The Escape. Tara è una donna della classe media inglese che vive nella periferia di Londra con Mark e i due figli piccoli. Ha un diploma di conservatorio, due bimbi che ama, un marito affettuoso e tutti gli agi di una vita borghese. Per tutti quelli che la circondano, Tara ha una vita perfetta ma lei si sente costantemente insoddisfatta, fortemente infelice. Le manca qualcosa di fondamentale. Qualcosa di irrealizzato. Qualcosa di sconosciuto. Eppure nessuno della sua famiglia riesce a capire la profondità del suo malessere, così, Tara, una mattina, nel bel mezzo della colazione, scappa di casa. Parigi è la destinazione scelta dalla donna che lascia marito e figli per ritrovare se stessa altrove. L’euforia di ricominciare da capo in una nuova città e una serie di incontri portano Tara a capire ciò che veramente desiderava da tempo.

Gemma Arterton esplora le infinite sfumature dei sentimenti che una donna prova nell’arco di una giornata semplicemente lasciando parlare i silenzi, gli sguardi, le lacrime, più spesso che i sorrisi.

La performance eccellente dell’attrice britannica conosciuta in Quantum of solaceGemma Bovery e Prince of Persia – Le sabbie del tempo tra gli altri, permette di accedere all’inconscio femminile che Dominic Savage osserva in The Escape. L’ultima opera del regista britannico è il dramma esistenziale di una donna che aspira alla realizzazione sociale e professionale oltre che familiare, non sempre scontata per le madri di famiglia. Savage compone il ritratto di una donna contemporanea qualsiasi, dilaniata tra le responsabilità di madre, gli oneri di moglie, gli impegni della casalinga e il bisogno di libertà proprio dell’essere umano.

Se il marito, Mark, per quanto amorevole, è sempre assente per lavoro, la giornata di Tara è un calvario quotidiano che si ripete uguale, giorno dopo giorno. Le attenzioni richieste dal marito appena sveglio, la confusione della colazione, la scelta della cravatta per Mark, portare i bimbi a scuola, riprendere i bimbi a scuola, la spesa pesante, la cena da preparare, sono i momenti che si ripetono identici ogni giorno e che portano Tara all’insostenibilità del quotidiano. Il regista osserva la donna ripulire il tavolo già pulito o riassettare il letto già rifatto, in quei gesti reiterati automaticamente tra noia e un’irrequietezza latente.

Nella periferia di Londra, in una delle tante case con tetto spiovente e giardino, Tara ha l’impressione di trascorrere una vita in cui non si sente più viva. Eppure le sue grida di disperazione sono dei lunghi silenzi, delle lacrime nascoste, dei sospiri soffocati tra le lenzuola che neanche il marito riesce a vedere. Sulle note classicheggianti del pianoforte che farebbero pensare alla serenità di una famiglia felice, Dominic Savage ci mostra invece il tormento interiore di una donna incompresa che solo a Londra, nel vento di un ponte sul Tamigi, riesce infine a respirare. Sullo sfondo dei rumori naturali d’ambiente, il regista ci conduce al centro di un dramma intimo e claustrofobico in cui l’unica soluzione per la donna sembra la fuga. Il fascino di Parigi, l’euforia di una nuova avventura e l’eccitazione di nuovi incontri la faranno risentire viva. Tara riscopre il desiderio per la vita che aveva perso. “La libertà arriva quando ti avvicini a chi sei veramente”, le dice una signora a Parigi.

Savage segue pazientemente il percorso della donna alla ricerca di quella nuova persona che avrebbe sempre voluto essere e che la costringe a un atto coraggioso, definitivo. Savage tuttavia, non giudica tanto la scelta morale di una madre che abbandona egoisticamente i figli, né la tradizione culturale e sociale, ancora attuale, che affida alla donna la gestione di casa e famiglia, ma studia piuttosto gli impercettibili moti dell’animo di una donna in piena crisi esistenziale. I lunghi e frequenti primi piani sul viso di Tara, i dettagli dei suoi occhi tristi, della sua bocca, della sua pelle, ritraggono l’angoscia muta che esplode nella follia di una scelta drastica. Così, dopo il grigiore di una fotografia ovattata e spenta, i colori sembrano finalmente tornare vividi e lucenti nelle scene di Parigi, in cui Tara riscopre la magia della vita.

Senza enfasi e senza sentimentalismi, Dominic Savage condensa le emozioni in un dramma familiare che confida nella potenza dell’immagine.