Gianfranco Pannone presenta Qui è altrove

In collaborazione con Fondazione Perugia e Teatro Stabile dell'Umbria, Gianfranco Pannone e Armando Punzo incontrano il pubblico del PostMod.

Gianfranco Pannone presenta Qui è altrove

“Qualsiasi cosa che si trova qui non è reperibile altrove. Ma ciò che non è qui non è da nessuna parte”

 

Martedì 21 gennaio. C’è Gianfranco Pannone col suo nuovo documentario che racconta le origini di un nuovo – l’ennesimo – spettacolo messo in piedi dalla Compagnia della Fortezza, la più che trentennale “esperienza di teatro in carcere” entro (e al di là, oltre, attraverso “buchi nella realtà”) le spesse mura del penitenziario di Volterra, la quattrocentesca fortezza medicea che per un ribaltamento della storia da luogo di controllo è diventata spazio di controllati.

E c’è Armando Punzo, l’anima di un progetto che parte dal lontano 1988, lui Leone d’oro alla Biennale Teatro 2023, che tenta giorno dopo giorno di riconfigurare il carcere attraverso la cultura e la bellezza. Prende posto sullo sgabello più alto del palcoscenico del Postmodernissimo, assiso tra gli altri ospiti della serata, Vittoria Corallo, regista e attrice, in rappresentanza del Teatro Stabile dell’Umbria e membro attivo del progetto Per Aspera ad Astra che dal 2018 coinvolge 16 carceri italiane in una rete visionaria di formazione professionale nei mestieri del teatro che nel tempo ha saputo coinvolgere oltre mille detenuti; e Paul Cocian, da sette anni alla corte di Punzo, esempio di riscatto, centrato sulla sperimentazione di se stesso, da due mesi uomo libero che per amore dell’arte ogni sabato e domenica rientra in carcere per “recitare”.

Qui è altrove che ha aperto il Festival dei Popoli è un’opera di cancellazione: del carcere che arretra, che si fa spazio aperto e infinito; dei ruoli e delle biografie, dove ognuno è solo una funzione artistica, uno iato del reale, un viaggio interiore. “Il carcere non arriva da Marte, lo abbiamo inventato noi, l’umanità. Ed è un’invenzione orribile”, racconta Punzo “quando sono entrato a Volterra per la prima volta ho messo in chiaro le mie intenzioni: io imparo le regole del luogo, ma il luogo impara le regole dell’arte. Noi non facciamo teatro in carcere; noi facciamo teatro e basta. Il palcoscenico è lo spazio in cui ricercare possibilità inedite nell’umano”.

“Ho lavorato con la mia troupe consueta. Quando la Compagnia mi ha cercato per realizzare il documentario sapevo cosa non avrei trovato né cercato: il sociologismo, il pietismo”, chiarisce Pannone. “Si trattava di mostrare che esiste un’alternativa e che può essere bellissima. Abbiamo lavorato molto sui corpi, sugli sguardi, sulle mani: sull’umano”. Una visione dirompente se poi la si confronta con i dolorosi resoconti del 2024 che raccontano il record di suicidi (88) nei penitenziari italici. Dato più alto degli ultimi trenta anni.

Ma Punzo, come ogni intellettuale e uomo d’arte, guarda ancora più lontano: “Il sogno concreto al quale ci stiamo dedicando è quello di costruire un vero e proprio teatro all’interno della Fortezza. Non ho notizia che esista qualcosa di simile nel resto del mondo. Proprio per questo penso che noi sapremo dargli corpo”. Utopie possibili, come le isole narrate da Platone, come il titolo dello spettacolo messo in piedi in questi ultimi due anni: Atlantis.

Il report fotografico è di Eros Pacini.

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