Nonostante
Valerio Mastandrea presenta in sala in anteprima il suo nuovo film

“Da dove comincio?”
“Conviene sempre dalla fine”
Con questo botta e risposta si chiude Nonostante, il secondo film da regista di Valerio Mastandrea, e così comincia il dibattito con l’attore romano che torna al Postmodernissimo (martedì 11 marzo) dopo la giornata evento di inaugurazione della Sala Caligari, quando in compagnia di Luca Marinelli, Alessandro Borghi e Silvia D’Amico aveva introdotto Non essere cattivo e ricordato vita e opere del regista di Arona, scomparso prematuramente nel maggio del 2015.
Era lo scorso 8 novembre: “Mi pare di non essermi mai più alzato da questa poltrona. Vuol dire che qui ci sto bene”. In effetti il rapporto tra Mastandrea e Postmod è elettivo: qui è venuto per parlare della sua prima prova registica (Ride); qui è passato per dialogare in occasione dei venticinque anni e del restauro a marchio Cat People de L’odore della notte. E, a voler fare i nostalgici, proprio Valerio era stato il protagonista del primo film di finzione con ospite (il regista Gianni Zanasi) dell’era postmodernista: titolo bello lungo, La felicità è un sistema complesso, anno domini 2015. Un cerchio che si chiude. Ma appunto ora c’è Nonostante, un’anteprima esclusiva che arriva due settimane prima dell’uscita in sala (sarà il 27 marzo) e dopo il passaggio nella sezione Orizzonti dell’ultimo Venezia. Un’attesa lunga quasi sette mesi e l’emozione di confrontarsi col pubblico – al netto della consueta, irresistibile ironia -, è palpabile. C’è prima di tutto il vento – l’elemento più anti-cinematografico di sempre -, ma che per Fellini era marca stilistica, figura salvifica, voce dell’inconscio e per Antonioni riempimento del vuoto (L’eclisse) e descrizione di un’assenza (L’avventura); ed eccolo al centro di questo racconto: “La costruzione di una storia passa attraverso suggestioni: ci è sembrato subito che il vento potesse giocare un ruolo decisivo. Poi lavorarlo è stato faticosissimo, in sceneggiatura c’era scritto che il protagonista sarebbe volato per la città sbattuto di qua e di là fino a un approdo che infine ho tagliato, che nella versione veneziana c’era e adesso non più. Però, al netto di questo, il volo lo abbiamo fatto davvero, nella maniera più artigianale possibile, grazie a Emiliano Novelli e ai suoi collaboratori. Lui mi ha preso in parola e io mi sono cagato sotto. Mi ha fatto volare a quindici metri da terra. Sono pure rimasto con le cosce senza sensibilità per due mesi a causa della costrizione delle imbragature. Poi per fortuna tutto è passato, ma i segni fisici per un po’ sono rimasti”. Come in Ride emerge la naturale propensione a mettere in campo il visibile e l’invisibile: “Essere al secondo film e vedersi riconosciuta una cifra stilistica non può che farmi piacere. Certo non è un film sull’aldilà come qualcuno ha scritto. Ho cominciato a fare il regista con lo stesso approccio di quando faccio l’attore, attraverso una ricerca continua, ma senza farmi schiacciare dal rigore. Quando puoi sconvolgere le cose, la grammatica della storia, è sempre un’occasione da cogliere”.
Un film di invenzioni eppure con un respiro semplice, naturale: “Lavorare sul set di C’è ancora domani con Paola Cortellesi mi ha molto aiutato, è stato un esempio. Una tematica enorme trattata con originalità, cercando di non sofisticare il discorso perché al pubblico piace anche riconoscersi nelle cose facili, che non vuol dire dare uno zuccherino, ma piuttosto riconoscere il diritto di vivere con semplicità emozioni e situazioni”. Un film d’amore e sulla memoria. Che, svela Mastandrea, avrebbe dovuto avere un finale tutto diverso. Lo racconta, quell’altro finale (“tanto ormai il film l’avete visto”), e chiede al pubblico: “Era bello, no?”. La gente annuisce e Valerio si dà del coglione. “Per un attimo, dopo Venezia, ho chiesto ai produttori di fare due giorni di proiezione con la versione alternativa. Non mi hanno mai risposto. Forse ho scelto questo perché ha un respiro un po’ sudamericano, che mi appartiene. L’altro sarebbe stato troppo americano. Avrei dovuto trovare una via di mezzo, un effetto-Norvegia, quell’incontro tra freddezza e calore che mi emoziona sempre”. Poi parola al pubblico: “da dove nasce l’idea del film e quanto c’è di personale?”. “C’è molto di me, di come sono, di come vivo i sentimenti. Ma c’è anche la volontà di raccontare una categoria di persone, i nonostante, appunto. Una definizione che viene da un autore che si chiama Angelo Maria Ripellino che mi sono trovato a leggere quando avevamo già concluso il primo passaggio di sceneggiatura. Nel testo diceva di sé e delle persone che erano con lui in sanatorio per dei problemi ai polmoni: ‘Siamo tutti dei nonostante, sferzati dal vento, che cerchiamo di resistere tenendoci l’uno con l’altro’. Praticamente in tre righe diceva quello che noi avevamo tentato di esprimere in novantotto pagine. Ecco qui il titolo. Da quel momento tutti siamo stati dei nonostante, come mio padre al quale dedico il film. Persone capaci di vivere una storia d’amore quando si è presi alla sprovvista, quando non si è pronti, quando però poi si decide di farsi travolgere”. Poi c’è la signora Claudia, di Orvieto, che si definisce una ‘vera nonostante’: “Io sono finita in coma per una malattia. Avevo preso il biglietto per la garanzia che per me è Valerio Mastandrea, senza leggere la trama, ma quando ho visto cosa accadeva ho cominciato a sentirmi male e a desiderare di andarmene. Poi però ho visto le persone aggrapparsi alla vita e ho riconosciuto la mia stessa fame di esserci. Adesso sono qui a ringraziare di aver partecipato a questa serata e mi scuso se la voce è rotta dall’emozione”. Nonostante, lo dice infine un altro spettatore, è una meravigliosa comunione delle anime, un cinema che nutre e libera la bellezza. In tempi così oscuri forse il più bel complimento possibile. E infatti Valerio ringrazia e per un attimo perde il tempo della battuta, colpito probabilmente dall’emozione, forse stupito di aver centrato così precisamente il cuore del pubblico.
Testo di Simone Rossi
Report fotografico di Eros Pacini
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