Rome as you are

L'avventura dei Nirvana in tour a Roma vista dagli occhi di Daniela Giombini e Dario Calfapietra

Rome as you are

Trentacinque anni dopo Gregory Peck e Audrey Hepburn anche Kurt Cobain ha avuto le sue Vacanze romane. Ce lo svela il doc di Daniela Giombini, ai tempi giovanissima booking agent e tour manager per l’Italia della quasi sconosciuta band di Seattle. “Era il 1989 e Cobain, Novoselic e Grohl vennero a in tour col loro primo album, Bleach. Non li conosceva nessuno. Suonarono al Piper, ma a poco più di metà concerto Cobain ebbe un crollo. Distrusse tutto e si arrampicò sulle casse pronto a buttarsi giù. Era il culmine di un esaurimento nervoso. In pratica avevo organizzato un concerto che stava per certificare la fine della band.” E invece no. E qui entra in scena l’altro protagonista del doc, Bruce Pavitt, storico produttore del gruppo che torna proprio a Roma per ripercorrere quelle giornate folli insieme a Daniela. “Facemmo ripartire gli altri due per Londra, mentre io portavo Kurt in giro per la città eterna. Furono giorni spensierati. Riuscì a ricaricare le energie. Il resto è storia”.
Dunque Rome as you are come una sliding doors. Che poi va avanti, tra immagini amatoriali e dentro una colonna sonora che riecheggia il sound Nirvana senza che una sola nota della band risuoni. “Per ragioni conomiche non potevamo permetterci di mettere nulla nel documentario”, spiega Dario Calfapietra, compagno e collaboratore di Daniela. “Allo stesso tempo volevamo sfruttare l’occasione per dare spazio a band emergenti e meno conosciute e alla loro musica fantastica.” L’esito è impeccabile. Il pubblico si ritrova catapultato indietro nel tempo, ai primi Novanta, al grunge e ci riesce anche perché intanto, fuori dalla sala, Dario ci chiede di alzare di un punto il volume della visione: “Voglio che siano avvolti dal suono”. E noi eseguiamo. Ma la storia di Bruce e Daniela non si ferma a quel 1989. Va avanti e racconta del nuovo rendez-vous con la città eterna dei Nirvana. Sono passati due solo anni, ma intanto è uscito Nevermind e l’album in tre mesi ha già venduto due milioni di copie. “In pratica ci trovammo a gestire il concerto di una band formata dagli stessi tre ragazzi di due anni prima, ma che adesso volevano venire a sentire praticamente tutti. Noi, per una questione di correttezza, decidemmo di lavorare con le stesse persone di due anni prima, ma ci rendemmo conto che gli spazi per l’esibizione non erano più sufficienti. La sera del concerto romano rimase fuori una folla intera”, sorride Daniela. Ma Rome as you are è pure un racconto di dettagli e curiosità, soprattutto attorno alla figura di Cobain. Emblematica la sequenza in cui Daniela torna nella piccola pensione romana in cui dormì la rockstar. Un momento divertente in cui l’attuale gestore – figlio del proprietario di allora – ricorda la telefonata fiume fatta a Courtney Love. “Cobain rimase al telefono per un’ora e mezzo. Andammo ad avvisarlo di quanto aveva speso e siccome non aveva con sé abbastanza denaro ci facemmo pagare dal conducente del pullman che portava in giro la band”. Proprio con Courtney Love, Cobain tornerà un’ultima volta a Roma. Era il 1994. Una lite e l’ingestione di un cocktail quasi letale. Finito in ospedale se la caverà. Un mese dopo il suicidio sul lago Washington. “In qualche modo la fine dei Nirvana ha segnato anche il mio declino come tour manager. Ero l’unica donna in Italia a fare quel mestiere. Ed ero giovanissima. Quegli anni però sono stati così intensi che a neppure ventotto anni ho abbandonato quel mondo”. Finiamo a parlare del manifesto cinematografico del grunge: Singles di Cameron Crowe. Anno 1992. Matt Dillon bello e maledetto, col capello lungo fa molto Cobain. Bridget Fonda lo ama alla follia. “Non mi è mai piaciuto quel film”, ammette Daniela. “Anzichè celebrare il grunge mi ha sempre fatto l’effetto di un funerale anticipato e poi nella colonna sonora i Nirvana non c’erano”. Abbiamo verificato: è proprio così. Anche se Crowe fa un gran bel lavoro d’assemblaggio: Pearl jam, Soundgarden, Alice in chains, Mudhoney, Mother Love Bone. “C’erano pure gli Screaming Trees: una band straordinaria!”

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