EVENTO CONCLUSO

Salvobuonfine (bisognerebbe anche occupare le banche) nasce da una reazione, dalla perdita, dalla morte, dall’assurda condizione disumana di necessaria lucidità, quando non ci sarebbe nulla di più umano che perdersi nel dolore. Da una grande amarezza e dal tentativo di addolcirla con il pretesto di una grandiosa incazzatura.

E’ un monologo/performance che prevede in alcune parti il coinvolgimento del pubblico.
L’attore individua tra gli spettatori l’Uomo del Mutuo, e in seguito il Padre e il Figlio ai quali consegna una lettura da leggere in un rito che, come ironica messa profana, si rifà al linguaggio biblico, lasciando una domanda sospesa: Padre, dov’è la salvezza? Poi l’inganno, un personaggio ambiguo sottopone l’Uomo del Mutuo ad una singolare ipnosi costringendolo con un cialtronesco raggiro a firmare un mutuo trentennale. Seguono giorni kafkiani, in cui un figlio dopo la morte del padre è costretto a sempre più inquietanti dialoghi con funzionari di banca, notai, cancellieri e assicuratori. Spinto dalla rabbia e dal dolore, nei pochi momenti di pace, punta il dito contro i responsabili: entità senza faccia in grado di far funzionare la repubblica burocratica in cambio di stipendi fissi e carriere.

Infine una lettera al padre, tra adulti. La salvezza è uno spiraglio nelle scelte che l’uomo decide di compiere? Il resto è privato. Buio.

Perchè questo titolo? Salvo buon fine è una clausola che appartiene alla tecnica bancaria. Ma cos’è per chi non si intende di economia e finanza? Mi è chiaro quando penso ad un padre che salva il buon fine del figlio. E mi è chiaro anche il suo opposto, che interpretando “salvo” come “eccetto”, salvo buon fine allora non contempla speranza, tutto tranne il buon fine. Ecco, come di fronte alla perdita improvvisa del padre.

Bisognerebbe anche occupare le banche: un sottotitolo preso in prestito da un altro sottotitolo, esattamente così com’è. Un omaggio all’opera di Luciano Bianciardi, è lui che sottotitolò così Le cinque giornate. “…lascino perdere i giovanotti con il ritratto del Che Guevara in camera,… gli istituti universitari, ma si concentrino sulle banche e sulle televisioni, i centri del potere economico e dell’informazione: sono quelli gli obiettivi sui quali concentrarsi se si vuole fare davvero la rivoluzione.” Era il 1969.

Lorenzo Bartoli nasce nel 1975. Dopo la maturità scientifica si appassiona al teatro diplomandosi alla Scuola per attori del Teatro Stabile di Torino. Lavora quasi esclusivamente in produzioni teatrali. Tra i vari registi: Gabriele Vacis , Luca Ronconi, Valerio Binasco, Carmelo Rifici, Jurij Ferrini, Beppe Rosso, Mauro Avogadro, Monika Dobrowlaska, Michele Di Mauro. Collabora assiduamente con il Teatro Stabile di Torino, le compagnie Corps Rompu, Il mulino di Amleto, ACTI Teatri Indipendenti. Tra le esperienze cinematografiche e radiofoniche: Dammi il La di Matteo Servente, I primi della lista di Roan Johnson, 30 denari di Fabrizio Lupano, Repairman di Paolo Mitton, L’educazione delle canaglie di Letizia Russo. Vince Prova d’attore (teatro Tangram Torino). E’ autore di alcuni testi teatrali di cui è anche interprete: Pausa (menzione per Giovani Realtà del Teatro Accademia Nico Pepe di Udine), Te, che sei un estimatore della luna…, Salvobuonfine (bisognerebbe anche occupare le banche).

Biglietti:
intero euro 10
ridotto soci 8 euro
Super ridotto: Lorenzo Bartoli + Dialogo degli Schiavi (27/4): 22 euro (20 per i soci).
Si consiglia la prenotazione allo 0759664527