2Night. È un venerdì notte a Roma. Il tempo è mite e il popolo della notte è pronto a uscire e a divertirsi. La città si anima e si colora dei neon dei locali, dei fari delle macchine, delle luci che illuminano i più importanti monumenti. In un locale di uno dei quartieri più vivi della città, due sconosciuti s’incontrano. Entrambi hanno circa trent’anni, sono soli e in cerca di qualcuno con cui passare la serata e forse, chissà, anche la notte. Lei chiede un passaggio e lui accetta di accompagnarla in macchina fino all’altro capo della città. Eccoli insieme che si fanno largo attraverso la notte. Lei è il prototipo della ragazza consapevole e autonoma, decisa, in questa serata che anticipa l’estate, a regalarsi una notte di sesso con uno sconosciuto, per poi, domani, continuare, più forte e sicura di sé, la sua vita senza legami. Lui sembra incarnare il trentenne di oggi, piuttosto timido, più calmo e riflessivo e con una strana inquietudine. Per arrivare all’abitazione, i due viaggiano attraversano i diversi quartieri di Roma: da quelli più alla moda, densi di locali, ai più residenziali, al centro storico, fino ad arrivare ai quartieri più periferici. Una volta giunti nelle vicinanze di casa di lei, i due non riescono però a trovare parcheggio. Più il tempo che sono costretti a trascorrere in macchina e a conversare si dilata, più il destino di quella notte sembra condurli in una direzione inaspettata… Sarà una notte di solo sesso per poi scordarsi l’un l’altro appena dopo o un sentimento nascente e imprevisto cambierà i loro destini?
E’ un film in continuo divenire, in lenta trasformazione (ed evoluzione) 2Night, viaggio in macchina di un ragazzo e una ragazza sulla via del sesso occasionale ma in direzione di un sentimento che potrebbe diventare amore. E’ un racconto intimo e gentile che si snoda lungo le vie semideserte di una città che garbata non è il secondo lungometraggio di Ivan Silvestrini. E’ un atto di coraggio anche, perché non ha un grosso budget che lo sostenga, una rete di sottotrame che possa renderlo aprioristicamente avvincente, una scrittura furba che lo trasformi in un prodotto accattivante, un un deus ex-machina che arrivi inaspettatamente ad innescare un cambiamento risolutivo.
Semplicemente, il remake con Matilde Gioli e Matteo Martari dell’omonimo film israeliano di Roi Werner è la voglia di mostrare, in una variante dell’avventura tutta in una notte, quello che i trentenni non dicono, o meglio quello che in un gioco delle parti sempre più codificato inevitabilmente si perde: la dolcezza che avvicina, la fragilità che commuove, l’insicurezza crea empatia.