di Julia Docournau

Alpha

Drammatico | Francia, Belgio | 2025 | 128 min | 10+
Alpha

Alpha. In concorso al Festival de Cannes. Soffocante, ma anche devastante, è (anche) una storia familiare sulla tossicodipendenza. È il film più estremo e cupo della regista Julia Ducournau

Il corpo e la memoria. Il primo di marmo, si sgretola, come la schiena di Tahar Rahim, una statua sta per cadere a pezzi e viene fasciata come per cercare di salvare quella figura che si sta dissolvendo sotto i nostri occhi. La seconda prende forma attraverso lo sguardo della protagonista? Cosa stiamo vedendo? Un’allucinazione? Un ricordo? Un desiderio? Un tatuaggio, una coccinella. La mutazione. Ciò che resta della purezza. Dal cannibalismo di Raw. Una cruda verità alle mutazioni di Titane (Palma d’oro a Cannes 2021), nel cinema di Julia Ducournau gli umani sono come degli alieni che tornano provvisoriamente sulla terra o ci sono solo di passaggio. Alpha può essere una reincarnazione di Justine, la protagonista del primo film della cineasta francese. Ha 13 anni, ma torna bambina, viene inghiottita dallo spazio/tempo, già annunciata in quella tempesta rossastra in apertura stile George Miller alla Mad Max. Fury Road i cui segni ritornano anche nel finale. Sono quelli i colori che si impregnano nell’immaginario del cinema della regista, la fusione tra il ‘rosso sangue’ di Léos Carax (quanto è presente come suggestione più che come influenza) e il grigio degli interni ospedalieri, in quei corridoi così lunghi che non sembrano finire mai, così come le inquadrature senza stacchi – il piano sequenza per sottolineare l’icona, la sessualità così come è avvenuto per il personaggio di Alexia in Titane – non solo sono un meraviglioso pedinamento ma agiscono nella doppia dimensione di un body horror che stavolta si allontana dalla sua dimensione frontale e che è già un museo, con i movimenti dei corpi sono in attesa di essere pietrificati.

Alpha vive con sua madre. La sua adolescenza è tormentata. Un tatuaggio sul braccio diventa già un gesto sconvolgente. C’è poi un altra presenza nella sua, quello dello zio, malato e chiuso in una stanza. Chi è? C’è davvero? Oppure si tratta di un’elaborazione del lutto da parte della madre? Forse Golshifteh Farahani incarna tra le immaginarie superstiti sopravvissute sulla terra, in un’epidemia con i pazienti sul letto del pronto soccorso  Il riferimento è all’AIDS e al periodo degli anni ’80 e ’90. Oltre Carax, ci sono Paul Vecchiali (Once More. Ancora) e Cyril Collard (Notti selvagge) tra i frammenti di un cinema francese che si è portato addosso i segni, anche fisici in prima persona sui propri corpi. Quelli di Alpha sono in continua mutazione, come la ragazzina interpretata da Mélissa Boros, tra l’infanzia e l’adolescenza, o di uno straordinario Tahar Rahim dove le ossa sono visibili dalla carne e potrebbero squarciarla da un momento all’altro, opposizione evidente ai muscoli bodybuilder di Vincent Lindon in Titane.

Ducournau non controlla gli eccessi – soprattutto della colonna sonora che a volta va troppo ‘a palla’ – ma un film (e un cinema) del genere, non può, anzi non deve avere limiti. Cerca l’aria e l’acqua ma mostra anche come gli elementi possono diventare soffocanti come nel soffitto che si abbassa e si rischia di schiacciare Alpha o la magnifica sequenza in piscina, alla de Palma, sulla linea di Carrie ma agli occhi degli altri può trasformarsi anche in uno squalo spielberghiano. Gli occhi nascondono il demone. Il corpo diventa la propria arma di un martirio. Del contagio, principalmente, c’è la paura, anche se poi in un abbraccio emozionante tra nipote e zio, le figure si mescolano. Prima di tornare ancora polvere?

Soffocante, ma anche devastante. Alpha è (anche) una storia familiare sulla tossicodipendenza. È il film più estremo e cupo della regista, quello in cui i cadaveri (del cinema) potrebbero essere sepolti per decenni, secoli, prima di tornare a muoversi nella notte. Si presenta totalmente respingente. Ha l’impatto di un pugno in pieno volto ma anche di un’indimenticabile notte di sesso. Per questo ancora più degli altri due film, stavolta la cineasta non ha mezze misure nel filmare la bellezza della mostruosità e gli abbracci perduti e ritrovati. Alpha è un cinema impetuoso e abbagliante, tra più radicali degli ultimi anni. Il contagio (sensoriale) – anche nella contrapposizione tra dolore e piacere – si insinua come un virus, in una sinfonia dissonante che continua a rimbombare nella nostra testa.

Recensione di Simone Emiliani tratta da Sentieri Selvaggi

 

Festival e Riconoscimenti

laurel78. Festival de Cannes

Concorso

Dettagli

Anno
2025
Regia
Julia Docournau
Durata
128 min
Genere
Drammatico
Distribuzione
I Wonder
Colore
colore
Versione Originale
Francese
Classificazione
(10+) Non adatto ai minori di 10 anni
Cast
Mélissa Boros, Ambrine Trigo Ouaked, Tahar Rahim, Emma Mackey, Golshifteh Farahani
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