Disco Ruin
Documentario | Italia | 2020 | 115 minUn viaggio visionario, l’ascesa e il declino dell'Italia del clubbing, raccontati dai protagonisti di questa storia, tra notti in autostrada e afterhours che divorano il giorno.
Quattro generazioni che vogliono essere "messe in lista" per entrare in questi luoghi di aggregazione e di perdizione, dove non conta che cosa fai di giorno, ma solo chi interpreti durante la notte.
Quarant’anni in cui la discoteca ha prodotto cultura, arte, musica e moda.
«Il nostro film racconta un’Italia che non esiste più e che in molti non si sono mai accorti che esistesse. [...] Luoghi come l’Ultimo Impero, il Woodpecker, il Madrugada, la Mecca o il Maskò sono la nostra Pompei. [...] Sono gli architetti a capire per primi che stanno nascendo nuovi comportamenti sociali e che c’è bisogno di contenitori per il ballo e così costruiscono dei veri templi, luoghi della creatività, della libertà, dell’utopia, sempre in bilico tra avanguardia e kitsch». - Lisa Bosi
«Il popolo della notte attira l’attenzione dei media» continua Bosi, «il nomadismo dei giovani che attraversano l’Italia diventa un problema. I giornali, le televisioni, l’opinione pubblica, tutti parlano di alcol e droga, ma si dimenticano il resto, il teatro performativo, le sperimentazioni musicali, la moda». «Disco Ruin racconta soprattutto questo, grazie alla voce di performer, gestori, creativi e dj, tra cui Claudio Coccoluto, scomparso recentemente, uno dei primi a capire che per contrastare le droghe era necessario riempire i locali di cultura. Le loro parole descrivono un mondo che accettava la diversità, ignorava le differenze di classe sociale, puntava tutto sulla creatività e si nutriva della curiosità di chi non aveva già visto tutto nella vita. Un Altromondo, appunto, come la discoteca di Rimini che resiste da oltre mezzo secolo e che ha già fatto sapere che anche quest’estate riaprirà. Nonostante il Covid, con green pass e mascherina, ancora in pista.» - Stefania Parmeggiani, Il Venerdì