Un viaggio all’interno della biblioteca pubblica della Grande Mela, un ambiente fondamentale per la coesione sociale dei newyorkesi.
In collaborazione con “Biblioteca san Matteo degli Armeni” e “AIB Umbria – Associazione Italiana Biblioteche”
Ci sono delle sottili linee bianco-rosse, come quelle che tinteggiano in orizzontale la bandiera americana, che collegano Ex Libris – New York Public Library, ultimo capolavoro di Frederick Wiseman presentato in concorso a Venezia 74, con altre due opere della sua recente filmografia. Con il bellissimo At Berkeley (2013) questo ultimo film condivide il respiro cinematografico del racconto di un luogo chiuso – un’università come una biblioteca – ma idealmente aperto, in quanto produttore di sapere. In questo modo, lo sguardo sugli abitanti dei due mondi, poi non tanto diversi tra loro, finisce per scavallare le mura entro cui l’ambiente in questione è naturalmente circoscritto. A In Jackson Heights (2015), documentario sul quartiere multietnico del Queens, Wiseman si richiama invece per la volontà di raccontare la New York post-Bloomberg attraverso la sua consueta coralità narrativa. In entrambi i film, come al solito, il regista americano non si dimostra interessato a concentrarsi sui singoli personaggi, quanto piuttosto a inserirli all’interno di un contesto, individuare il ruolo che ricoprono all’interno del loro habitat, raccontarli e farli emergere nelle loro relazioni sociali che instaurano nell’ambiente circostante.
Tuttavia, a differenza dei film precedenti – a cui andrebbero quantomeno aggiunti Crazy Horse (2011), sul famoso locale di Parigi, e National Gallery (2015), sul museo londinese, – qui Wiseman aggiunge un titolo molto specifico, caratterizzando esplicitamente il senso del luogo che intende raccontare: Ex Libris, ovvero “dai libri”, etichetta solitamente utilizzata per indicare il proprietario di un libro, qui riferimento generativo a tutto ciò che nasce da – e va oltre – l’oggetto-libro. A seguire, il sottotitolo (stavolta senza preposizione) qualifica in modo diretto l’ambiente ramificato entro cui stiamo per entrare: la New York Public Library, uno dei complessi bibliotecari più grandi degli Stati Uniti composto da 87 biblioteche succursali sparse su tutto il territorio newyorchese. Ed è proprio dentro queste sedi che Wiseman ci conduce per mano, concentrandosi ogni volta su un aspetto specifico del sistema-NYPL.
A dispetto del nome, la NYPL è un modello virtuoso di partenariato pubblico-privato. Gli investimenti pubblici, ci spiegano subito funzionari e dirigenti in riunione, sono aumentati negli anni sulla spinta dei finanziamenti filantropici privati. Nonostante il servizio pubblico e sociale offerto dalla biblioteca, tuttavia, le trattative e il dialogo politico con le istituzioni sono all’ordine del giorno. Oltre alle riunioni tecniche, Wiseman ci mostra decine di laboratori, seminari e workshop offerti da ciascuna sede alla propria comunità. Il sistema bibliotecario della NYPL, infatti, ci viene inizialmente mostrato nei suoi tradizionali servizi di prestito e lettura. Poco dopo, tuttavia, comprendiamo che la strada che intende farci percorrere Wiseman è tutt’altra. Da un lato, tutte le attività extra-bibliotecarie offerte alla popolazione si configurano con l’obiettivo primario di proporre l’educazione e il sapere come unici antidoti alle disuguaglianze. Le varie sedi della NYPL appaiono più come aggregatori sociali con l’obiettivo di stimolare una sorta di «community engagement» che come delle classiche biblioteche. Dall’altro, gli investimenti degli ultimi anni hanno portato a un netto sviluppo dell’accessibilità dei contenuti, inseguito sia attraverso la digitalizzazione del materiale librario che attraverso il loro uploading online. Il fine è quello di rendere i contenuti «accessibili a tutti, in tutto il mondo», senza distinzione di classe o provenienza geografica.
Tale globalizzazione delle risorse librarie procede, nelle intenzioni, di pari passo con le decine di servizi digitali offerti dalle biblioteche della NYPL. Oggi, la maggioranza degli utenti accede in biblioteca per utilizzare il servizio di Wi-Fi gratuito, sia attraverso i propri dispositivi che tramite i laptop offerti in prestito dalla struttura. Tramite questi, chiunque può connettersi e navigare sul web, vedere video e film in streaming, giocare ai videogiochi. Lo stesso concetto di libraries viene dunque ampliato e aggiornato: non si tratta più soltanto di biblioteche cartacee indicizzate e organizzate su scaffali, ma di enormi archivi digitali, dalla capacità di memoria potenzialmente infinita, composti da contenuti testuali, fotografici, sonori e audiovisivi. Gli stessi servizi digitali vengono utilizzati dalle biblioteche per una serie di progetti di alfabetizzazione rivolti soprattutto alle comunità di stranieri presenti a New York. Su questa scia, non mancano le iniziative pubbliche di educazione alla tecnologia rivolte soprattutto ad anziani e bambini. Oltre all’ormai diffuso prestito di e-book, si organizza addirittura un servizio di prestito annuale di hotspot gratuiti, rivolto soprattutto alle famiglie meno abbienti che non possono permettersi una connessione internet casalinga o mobile. Insomma, la ramificazione della NYPL si configura esattamente come un sistema di welfare cui viene delegata dalle istituzioni l’assistenza sociale e culturale dei propri cittadini.
Ex Libris, girato tra l’estate e l’autunno del 2015 – praticamente un anno prima della fine del secondo mandato di Barack Obama –, ci racconta, a due anni di distanza, una sistema forse in estinzione. Viene da chiedersi, infatti, cosa ne sarà di tutto questo dopo l’approdo di Donald Trump alla Casa Bianca, così tanto evocata esplicitamente da buona parte dei film americani visti quest’anno a Venezia 74. Wiseman, con la consueta leggerezza, non ci interroga espressamente su questo: nel suo sguardo Trump ancora non c’è, anche se si prefigura nelle discussioni tra dirigenti e funzionari un clima da fine impero. Trump è negli occhi di chi, due anni dopo, osserva quei fenomeni sociali così dall’interno, come fossero immagini del passato che rievocano, con nostalgia, un tempo ormai perduto. Wiseman, al solito, si “limita” a proporre un’opera aperta, entro cui è possibile entrare e uscire quando si vuole, in base ai nostri particolari interessi (non a caso si parla alternativamente di marketing, politica, matematica, storia, filosofia, letteratura etc.), così come egli stesso ci fa entrare e uscire dalle succursali della NYPL. Le scene girate in interno sono sempre introdotte e contestualizzate da quelle in esterno (bellissima la straniante parata di Halloween dell’ottobre 2015), quasi a volerci accompagnare in una lenta passeggiata tra le vie di New York dove, anche noi, possiamo collocare gli ambienti che visitiamo.
Il momento più intenso è forse quello della Macomb’s Bridge Library, la più piccola tra tutte le succursali della NYPL, frequentata unicamente dalla comunità afroamericana di Harlem. Wiseman ce la mostra nel finale, in un incontro tra gli utenti della piccola sala della biblioteca che si trasforma presto in una riunione di famiglia. Si parla di politica, del futuro della città, dei problemi del paese. Di quella discriminazione razziale che, successivamente alle decine di omicidi a sfondo razzista e delle conseguenti rivolte che avverranno in tutto il paese un anno dopo, sarebbe diventata uno dei principali temi a muovere il dibattito politico nazionale. È la stessa riunione di famiglia che vediamo in occasione del consiglio di amministrazione conclusivo della NYPL, in cui ritroviamo, tutti insieme, i personaggi che abbiamo avuto modo di conoscere nelle varie sedi. Non può dunque mancare lo scatto della fotografia che li ritrae congiuntamente, tutti sorridenti, dopo aver discusso del futuro della loro istituzione: un ritratto di famiglia che, nella sua istantaneità, si configura come una memoria visiva da conservare e ricordare con un po’ di nostalgia.
(Articolo tratto da: http://www.pointblank.it/