PROGRAMMAZIONE CONCLUSA
Enrico Iannacone
Un film di Enrico Iannacone. Con Marco Cavalli, Gea Martire, Andrea Cioffi, Enzo Restucci.
Titolo originale La buona uscita. Commedia, durata 90 min, colore - Italia, 2016 - Microcinema.

La buona uscita. Il regista Enrico Innaccone sarà opsite al PostMod per presentare la sua opera prima. L’autore, classe 1989, ha già vinto il David di Donatello con il cortometraggio L’esecuzione nel 2013.

Lucrezia è una donna libera che si è concessa il lusso di avere quasi 300 amanti occasionali, fregandosene della sua reputazione di “ninfomane” e godendo della sua fama di “femminone di prim’ordine”. Il suo amante più assiduo è Marco, anche lui un uomo libero che si è potuto permettere la propria libertà grazie ad una ricchezza inestimabile e ha potuto conservare intatto il proprio ottimismo alla faccia della crisi grazie alla mancanza totale di scrupoli che quella crisi gliel’ha fatta cavalcare a suo vantaggio. Ora Lucrezia e Marco sono ad un punto di svolta: lei ha deciso di sposarsi con un uomo insulso e molto più giovane come antidoto alla solitudine e alla vecchiaia; lui deve organizzare la bancarotta fraudolenta della sua azienda e accettare la notizia che Lucrezia ha intenzione di essere fedele al neomarito.
Al suo debutto al lungometraggio dopo una serie di corti, fra cui quel L’esecuzione premiato con un David di Donatello nel 2013, Enrico Iannaccone (classe 1989) racconta una Napoli fuori dallo stereotipo, una città surreale in cui “o sole mio” non splende mai per lasciare il posto ad un chiaroscuro preapocalittico, e in cui miseria e ignobiltà coesistono in una relazione simbiotica. Il principale merito del film scritto e diretto da Iannaccone è proprio l’originalità, soprattutto nella creazione di due personaggi fuori dalla morale e dalle regole come Lucrezia e Marco. Sono originalissimi e davvero ben scritti i dialoghi, completamente privi di retorica e di luoghi comuni cinematografici, pieni di cattiveria e di ironia, assurdamente letterari eppure adatti a due personaggi la cui intelligenza non è mai messa in discussione, né mai sminuita per venire incontro ad un pubblico abituato all’appiattimento sistematico dei congiuntivi. Se l’enunciazione dei dialoghi è teatrale è perché teatrale è l’esistenza di Marco e Lucrezia, ed è totale la loro consapevolezza di recitare un ruolo in una vita che è “struttura scenica”: certi dialoghi appartengono alla tradizione dell’assurdo beckettiano come alla napoletanità lunare di Pulcinella, e il mix linguistico che innesta qua e là termini inglesi e francesi con la svogliata condiscendenza con cui si pilucca da un buffet multietnico rispecchia (in forma teatralmente esagerata) quel modo tutto particolare di esprimersi che ha la classe agiata fra Toledo e Posillipo.
Anche la regia è originale, soprattutto nel modo di gestire gli spazi pubblici e privati, scoprendo angoli (e angolazioni) insolite anche per gli ambienti familiari (al pubblico), raccontando le geometrie spaziali come confini dell’anima e installazioni di arte contemporanea, stabilendo un mondo di privilegio sociale che si balocca con l’altrui miseria materiale. Gea Martire e Marco Cavalli servono a perfezione l’unicità dei loro personaggi, il loro registro surreale, la loro verbosa intelligenza e orgogliosa anomalia rispetto alle convenzioni, comprese quelle della recitazione e del cinema. Anche Andrea Cioffi nei panni del fratello minore di Marco incarna bene la meschinità e il cinismo di chi, oltre mancanza di scrupoli, non possiede una propria libertà interiore.