La casa delle estati lontane. Israele, 1995. La pace è finalmente tangibile. Nella piccola città di Atlit, Cali ritrova le sue due sorelle, Darel e Asia, per vendere la casa ereditata dai genitori. Tra momenti di complicità e incontenibili risate, riaffiorano i dubbi e gli antichi dissapori, ma appaiono anche strani convitati che seminano un’allegra confusione. Il 4 novembre il processo di pace viene annientato, ma le tre sorelle rifiutano di abbandonare la speranza.
LA CASA DELLE ESTATI LONTANE racconta la storia di tre sorelle che si ritrovano in occasione della vendita dell’eredità di famiglia: una casa in Israele…
Il punto di partenza di LA CASA DELLE ESTATI LONTANE è l’idea che la pace può avere inizio solo quando si conosce e si occupa il posto giusto. Avere dei fratelli o delle sorelle è una ricchezza: può essere un’esperienza divertente e leggera, ma può anche capitare di vivere atti di violenza e di sentirsi feriti. A volte è una guerra, una guerra di luoghi. Tra fratelli o sorelle si è costretti a condividere, ma i primi conflitti iniziano con la frase: «È mio!». Un’eredità solleva una serie di quesiti sul concetto di spazio perché probabilmente è l’ultima cosa che si divide. Quando si arriva a contemplare anche l’idea del “è nostro” e del “è tuo”, la pace diventa possibile. E poi tutto è animato dai nostri demoni personali ai quali forse accordiamo un posto eccessivo.
Il fatto che il paese sia Israele amplifica la problematica del concetto di spazio…
Il concetto di spazio non è semplice in alcun luogo, ma effettivamente in Israele assume le dimensioni di un labirinto infinito e irto di spine. La mia generazione è cresciuta con un mito: «Prima non c’era niente. Abbiamo costruito un paese, quindi adesso noi qui siamo a casa nostra, nel posto che ci spetta…». Solo che il popolo palestinese reclama quella stessa terra che da allora non è altro che un teatro di guerra. Senza entrare nei dettagli storici o nelle prese di posizione politiche, ho voglia di dire che per la mia pace personale, ho bisogno che anche l’altro abbia il suo giusto spazio e luogo. Ho scelto un momento nella storia di Israele in cui il paese era a due centimetri dalla pace. Tre sorelle che si prendono per i capelli mentre il paese parla di pace. E poi, tre sorelle che si ritrovano mentre il paese perde la speranza.
Scegliendo di ambientare il racconto in un interno, la storia politica assume ancora più importanza poiché siamo portati a leggere la storia di questa famiglia come metafora di questa. La storia delle tre sorelle, del loro rispettivo posto, dei loro conflitti, possono effettivamente estendersi e portarci a parlare di Israele e della Palestina. Ogni nazione ha bisogno di avere un suo territorio delimitato da confini chiari e precisi. Anche all’interno di una famiglia bisogna sapere porre dei limiti. Lo spazio chiuso mi interessava anche perché avevo voglia di raccontare l’incontro a distanza di anni di queste tre sorelle in un luogo e un tempo unici senza che si sappia troppo delle loro vite. Quello che avviene in quella decina di giorni avviene soltanto lì.