Mio Figlio
Thriller | Francia, Belgio | 2017 | 84 minMio figlio. Presentato all'ultima Festa del Cinema di Roma. Julien torna alla casa della ex moglie, sulle Alpi, richiamato dalla notizia della sparizione di suo figlio di sette anni. Mentre la polizia non ha appigli, l'uomo si mette da solo sulle tracce dei rapitori.
Girato in una sola settimana, Mio Figlio gravita attorno alla vita di una famiglia frammentata. Julien, separato dalla moglie e asservito al suo lavoro, riceve una chiamata in cui gli viene riferito che suo figlio di sette anni Mathys, mentre era in campeggio, è scomparso nel nulla senza lasciare traccia. Julien torna in Francia, cercando di comprendere cosa gli possa essere accaduto, tormentandosi per le sue disattenzioni e il suo distacco dal figlio e scontrandosi con Marie che per anni ha dovuto sopportare le sue assenze. Julien si rimbocca le maniche e cerca di trovare Mathys a suo modo, frugando nei suoi ricordi, tra i video e le foto più recenti, iniziando a notare tanti piccoli dettagli inquietanti che lo porteranno a svelare una drammatica realtà.
Mio Figlio è un thriller familiare incisivo, che riesce a tenere la tensione alta per tutta la durata della pellicola, in cui Guillaume Canet è abile non solo nel delineare una figura paterna che vive di contrasti, ma riesce a mostrare ogni lato della sua degenerazione; un’evoluzione del suo personaggio che lo porterà da un lato ad essere quasi una presenza sfuggevole nella vita di Mathys, dall’altro ad incarnare il padre, a diventarlo per davvero quando deve esserlo. Si assiste ad un Julien fuori di sé, in preda alle crisi di rabbia, contro sé stesso per non esserci stato, contro chi ha preso il suo posto affianco a Marie, scatenando un’orda di violenze che si porrà in antitesi al senso di rivalsa e di protezione che lo spinge a dover salvare in prima persona suo figlio, dimentico della polizia, delle indagini e di ogni rischio che possa correre.
Christian Carion scrive e dirige un film incalzante, un noir tetro ed ermetico, criptico, che non svela mai del tutto la narrazione, alcune motivazioni, alcuni gesti e scelte visive non sono certo casuali ma sono libere da ogni soluzione, lasciando lo spettatore in balia di ciò che accade e schiavo della frenesia filmica che occupa tutta l’attenzione fino all’ultimo fotogramma. Ma il regista non si sbilancia mai, non si prende il rischio di delineare una figura che oltre il suo istinto rancoroso sfoci in quello del giustiziere, anzi, non c’è alcuna apologia dell’uomo che si immola per la vendetta.
Ebbene si, la decisione del regista è stata quella di non mostrare un vero copione al protagonista, così che Guillame Canet fosse costretto ad usare l’improvvisazione, il cui risultato è formidabile. Ed è curioso come si prodighi ad una sperimentazione rischiosa, ovvero girare senza alcuna conoscenza dello scenario, con reazioni a caldo che rendessero vivida l’angoscia del personaggio. Canet sorprende e domina su tutti realizzando, nonostante tutto, un’interpretazione senza sbavature o eccessi, descrivendo il dramma di un padre che scopre le proprie responsabilità paterne, che sotto il peso del senso di colpa si riavvicina ad una madre sconvolta e distrutta, cercando in tutti i modi di dimostrare che egli è ancora degno e capace di occuparsi della propria famiglia.