di Albert Serra

Pomeriggi di solitudine

Documentario | Francia, Portogallo, Spagna | 2024 | 125 min | T
Pomeriggi di solitudine

Pomeriggi di solitudine. Il cineasta catalano entra nell’arena per raccontare lo sfarzo e la brutalità della corrida in un documentario che ritrae il giovane e carismatico torero di origine peruviana Andrés Roca Rey. La vestizione, l’attesa, l’ansimo, lo scontro, l’animale trascinato sulla sabbia dorata in una scia di rosso, il silenzio che segue l’acclamazione, la svestizione che rivela le fasciature insanguinate.

Un documentario sulla tauromachia come rituale e come lotta. Un altro film sui mondi al tramonto. 

Io non conosco affatto il mio protagonista, il torero Andrés Roca Rey”, dice Albert Serra al termine della proiezione di Tardes de Soledad, il suo nuovo film presentato in anteprima italiana al Festival dei Popoli di Firenze, dopo la vittoria della Concha de Oro a San Sebastián. Ed è un’affermazione che suona paradossale, come d’abitudine. Perché sembra contraddire uno degli intenti fondamentali della pratica documentaristica, quello di penetrare più a fondo negli strati della realtà. In particolare la possibilità di stabilire un contatto “reale”, di ipotizzare qualche forma di conoscenza dell’altro. Ebbene no. D’altronde Andrés Roca Rey è una star e perciò abita in una dimensione distante, forse inarrivabile. Così il giovane torero rimane impenetrabile, una maschera di concentrazione e tormento, nonostante l’obiettivo della macchina costantemente puntato addosso, quelle inquadrature sugli occhi fissi, sgranati, immagini ravvicinate a tal punto da essere sfacciate, chirurgiche. Forse l’unico istante in cui sul suo volto si disegna una traccia di smarrimento è nel momento più drammatico del film, quello in cui viene inchiodato dal toro alle assi di legno della palizzata di protezione. Resta miracolosamente illeso e, dopo poco, decide di tornare nell’arena per finire la sua opera, tra gli applausi e le grida del pubblico in visibilio. Ma per un attimo qualcosa si è intuito, un’increspatura di terrore, una specie di abisso nello sguardo sul volto impallidito. Per il resto, nessuna crisi, nessun cedimento o segno di ripensamento. Solo la tensione spasmodica di quest’assurda sfida al pericolo e alla morte. E, certo, la solitudine dell’uomo che mette in gioco la vita.

Albert Serra tiene a ribadire di non essere un documentarista: “questo è il mio primo e ultimo documentario”. Del resto, il suo cinema punta più al risultato che alla scoperta. Ma cosa vuol dire? Si tratta pur sempre di un autore lucidissimo capace di porsi “un problema di approccio alla realtà”, come rivela nella lunga conversazione che abbiamo pubblicato sul numero 17 di Sentieriselvaggi21st. Ma soprattutto è perfettamente consapevole di ciò che gli interessa raccontare. Che non è l’uomo in sé, nella profondità dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti o nella complessità delle sue relazioni. E nemmeno l’ambiente delle corride, ciò che si muove intorno a questo mondo probabilmente incomprensibile per la nostra sensibilità. A tal punto che Serra riduce al minimo i momenti fuori dall’arena e sceglie di eclissare completamente gli spettatori, di relegarli in un fuoricampo implacabile, richiamato solo dalle urla, dalle esclamazioni, dagli applausi e dai fischi. Quasi un controcanto astratto di ciò che accade sul campo di battaglia. Ecco, forse il senso esatto di Tardes de Soledad è proprio nel cortocircuito tra l’astrazione e la concretezza, la tauromachia come rituale e come lotta. Il formalismo dell’evento, gli spasimi e la furia del toro ferito dalle picche e dagli arpioni delle banderillas. La vestizione, le evoluzioni del matador, i gesti, i versi e le espressioni dei toreri e la concretezza del rischio, l’evidenza dello sforzo fisico, dei respiri affannosi, dei tagli e dei colpi presi. L’estetica truculenta della violenza, la composizione cromatica delle vesti e dei drappi che si confondono con la densità del sangue.

È chiaro che dal punto di osservazione di Serra, da quelle insistenti inquadrature con il teleobiettivo, dalla profondità di un sonoro colto nel vivo dell’azione, che lascia parlare gli sbuffi del toro o i commenti in libertà dei toreri, emerge il controcampo dello spettacolo. Una fissazione che sembra scivolare nella follia e l’assurdità ai limiti del ridicolo di un’etica machista, per cui la statura di uomo (e non del toro) si misura dalla grandezza delle “palle” e dall’affermazione degli attributi virili. Un che di prosaico oltre la retorica eroica, cui fa da coro la piaggeria un po’ ipocrita degli uomini che accompagnano la star. Pare che il film non sia piaciuto ad Andrés Roca Rey, che ha minacciato addirittura di far causa al regista e alla produzione. Reazione comprensibile, per come Tardes de Soledad mette in mostra l’evidenza di un uomo che sembra quasi andare alla deriva in una situazione che non comprende fino in fondo. E gli aspetti più farseschi e raccapriccianti oltre la tensione del momento. In verità, Albert Serra non ha intenzione di calcare la mano né sul sarcasmo né sull’orrore della violenza. Anche se punta lo sguardo, come è stato giustamente detto, sul supplizio dei tori, che sin dalla scena iniziale sono gli altri protagonisti indiscussi del film. Ma il loro sacrificio è il riflesso di uno spettacolo morente. In fondo, è l’ossessione del cinema di Serra. Raccontare i mondi in via di sparizione, lo spegnersi della luce e l’infittirsi delle tenebre. Quell’attimo in cui i pomeriggi di solitudine diventano crepuscolo.

Recensione di Aldo Spiniello pubblicata su Sentieri Selvaggi

[CINEMA REVOLUTION]

Programmazione

08
SetLun
  • 21:15

    VOST
09
SetMar
  • 21:15

    VOST
10
SetMer
  • 19:00

    VOST

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Dettagli

Titolo Originale
Tardes de soledad
Anno
2024
Regia
Albert Serra
Durata
125 min
Genere
Documentario
Distribuzione
Movies Inspired
Colore
colore
Versione Originale
Spagnolo
Classificazione
(T) Per tutti
Cast
Andrés Roca Rey

Contenuti sensibili

Violenza

Trailer

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