Racconto di Primavera
Drammatico | Francia | 1990 | 112 minRacconto di Primavera. Jeanne, professoressa di filosofia temporaneamente priva di un'abitazione, conosce a una festa la giovane Natacha che la invita a casa sua dove vive con il padre e con la sua nuova compagna, quasi sua coetanea, che detesta. La professoressa si troverà in breve tempo a pranzare con loro parlando di filosofia ma dovrà anche veder crescere la tensione tra coloro che la ospitano.
Con questo film si apre un nuovo ciclo per il cinema rohmeriano. Sono ora le stagioni ad essere al centro ma non come metafore del senso della vita. Il regista tenta piuttosto di approfondire il rapporto che si viene a creare tra i personaggi, lo spazio in cui vivono e la luce e i colori che, nel momento in cui la vicenda si sviluppa, fanno essere il mondo che li circonda.
Fin dalla prima inquadratura Rohmer si prende la libertà della citazione che favorisce la contestualizzazione. Di Jeanne lo spettatore non sa ancora nulla ma la vede uscire da un liceo dedicato a Jacques Brel. È una sorta di dedica al cantautore belga i cui testi erano ricchi di ironia ma anche di malinconia e anche una specie di definizione del proprio lavoro: così come Brel non scriveva saggi ma canzoni lui parlerà di filosofia attraverso il cinema. Non bisogna andare a cercare i richiami stagionali in questo film se non attraverso qualche fiore e, come già anticipato, la natura che riprende luce in particolare nella casa di Fontainebleau.
La vera 'primavera' è legata, in modo molto più significativo, a una prospettiva di mutamento che si presenta dinanzi al percorso esistenziale di Jeanne, Igor e Natacha. Quando Natacha dice a Jeanne: "Parli semplicemente ma con sicurezza. Soprattutto quando parli dei tuoi pensieri. Sembra che la tua mente sia l'unica cosa che ti interessa" si ha l'impressione che Rohmer riferisca questa riflessione a se stesso e alla sua determinazione nel tentativo (riuscito) di trasformare i pensieri in immagini, di offrirci cioè una parola 'vista'. Nella discussione a tavola, tra un boccone e un sorso di vino, si trova ad emergere il bisogno del trascendentale cioè della condizione della conoscibilità degli oggetti che Natacha confonderà con il trascendente. Rohmer sembra divertirsi in modo particolare in questa scena nel mostrare come a Jeanne (e a lui) non interessino tanto le definizioni quanto piuttosto il loro essere; in quanto pensieri che si traducono in scelte di vita e di valori.