di Alfredo Chiarappa, Caterina Clerici

The performance

Documentario | USA/ITA | 2023 | 70 min
The performance

In Sordina è lo spazio del PostModernissimo dedicato ad autori ed autrici italiani emergenti: il 9 gennaio ospitiamo una coppia di film maker trapiantati ormai da anni a New York, Alfredo Chiarappa e Caterina Clerici.

The Performance. Ritratto provocatorio di un uomo deciso a fare tutto il possibile per perseguire la sua fama artistica.

È un ballerino dai penetranti occhi azzurri e una storia irresistibile: dopo aver imparato a ballare la breakdance da bambino in Iraq imitando un soldato americano, si è trasferito a New York per diventare il prossimo volto della danza contemporanea. Alla ricerca di rilevanza, cerca goffamente di piegare a suo favore l’attuale dibattito sulla diversità e l’inclusione nelle arti, ma se ne ritrova presto sfruttato. Il suo reale talento sta invece nel saltare di letto in letto, di bugia in bugia, senza smettere mai di fingere: e se, per lui, fosse quello il vero sogno americano?

Questo film è un documentario di osservazione caleidoscopico - una storia d'amore femminista, un dramma di danza, l'epopea di un immigrato antieroe, un Accattone moderno nella New York di Uncut Gems - e parla di tutti noi che alla fine forse non ce la faremo, ma meritiamo comunque qualcosa a cui aggrapparci. Divide il pubblico, lo intrattiene e gli dà speranza.

"The Performance" è un ritratto intimo e provocatorio di un uomo disposto a qualsiasi cosa per perseguire il suo sogno artistico in America.

Occhi azzurri e una storia perfetta da raccontare sul proprio esordio nella danza, compiutosi imitando una mossa di breakdance di un militare statunitense, quando era ancora bambino nel Kurdistan iracheno. Ora adulto a New York, Hussein sembra sul punto di sfondare: la sua prima coreografia ottiene recensioni stellari e gli procura potenziali investitori interessati a finanziare il tour in Kurdistan della sua compagnia di danza, perché insegni ai suoi connazionali come superare il trauma della guerra attraverso il movimento — un’idea perfezionata per compiacere i molti che lo etichettano come un “ballerino contro l'islamofobia”

Il modo in cui Hussein vede se stesso, tuttavia, è come uno degli orologi Rolex che ammira sorridendo dall’altra parte della vetrina verso la fine del film: un bellissimo investimento. La sua valuta e il suo linguaggio sono il suo corpo - come ballerino, come amante - e il suo palcoscenico è la città. Nell’era della gloria istantanea dei social media, perché non dovrebbe meritarsela anche lui?

 

Nel disperato tentativo di diventare famoso, cerca goffamente di sfruttare a suo favore l’attuale dibattito sulla diversità e l’inclusione nel mondo artistico americano, ma finisce per esserne sfruttato e diventare l’antitesi del “buon immigrato”. Si perde nella vita, di letto in letto, di bugia in bugia, riuscendo però a mantenere la sua storia intatta abbastanza da farsi ancora credere, perlomeno dalla litania di donne da cui dipende e che usa. La sua "Call to Prayer" (la chiamata alla preghiera musulmana che dà il nome alla sua coreografia) è in realtà la preghiera di farcela in America - o forse di continuare a inseguire il suo sogno, più che raggiungerlo.

 

Per noi, sia come registi che come immigrati italiani a New York, la storia di Hussein è una parabola del sogno americano moderno — in particolare per le generazioni più giovani che sono cresciute all'ombra delle guerre americane in Medio Oriente — e del prezzo da pagare per ottenerlo. Abbiamo girato questo film in un momento in cui eravamo fisicamente bloccati a New York a causa della pandemia, e per la prima volta ci siamo trovati a mettere in discussione la nostra presenza e il nostro ruolo di artisti in città.  Per questo abbiamo puntato l'obiettivo sulla nostra comunità di artisti immigrati, e il film è nato da questo rapporto di fiducia.

 

In un momento storico in cui l’arte del racconto è sempre più immediata, sensazionalistica, e sembra volerci intrappolare in una versione semplificata di noi stessi, il nostro obiettivo era anche quello di ritrarre la multidimensionalità del personaggio incarnato da Hussein, con lati luminosi e oscuri, allo stesso tempo eroe e vittima, truffatore in balia delle necessità altrui. Hussein vaga per la città e per la vita, illuso e deluso non solo perché pensa che il mondo gli debba un riconoscimento, ma per l'importanza che ha imparato a dare a un successo forse irraggiungibile.

 

"The Performance è una storia di immigrazione che non ha nulla a che fare con la redenzione. Si tratta di un vero e proprio Accattone pasoliniano in una New York allucinante e deserta, e di un cortocircuito nel sogno americano. E’ un documentario di osservazione caleidoscopico — una favola allucinatoria su New York, una commedia romantica femminista, un dramma di danza, un’epopea di immigrazione con un antieroe — e riguarda tutti noi che alla fine forse non riusciremo a sfondare, ma meritiamo comunque qualcosa a cui aggrapparci.

I REGISTI:

Alfredo Chiarappa è un regista e artista visivo italiano che vive a New York. Ha iniziato la sua carriera come fotografo e filmmaker lavorando per The New York Times, TIME, The Guardian, L'Espresso Magazine, Der Spiegel, Bloomberg Media, Marie Claire International e altri, coprendo alcuni degli eventi più importanti dell'ultimo decennio, dalla primavera araba all’elezione di Trump e alla pandemia, passando per la crisi migratoria in Europa, gli attacchi terroristici di Parigi e il colpo di stato in Turchia nel 2016. La sua ricerca cinematografica comincia con l'osservazione del reale e il lavoro con non attori, tessendo un filo che collega la cultura popolare di ieri e di oggi, e puntando i riflettori sui (non) eroi del quotidiano moderno. I suoi film sono stati selezionati a MedFilm Festival, Lag

o Film Festival, Lower East Side Film Festival, New York Short Documentary Film Festival, Corti Sonanti, Ethnografilm Paris, Foggia Film Festival, International Festival of Ethnological Film in Belgrado, Laceno D'oro International Film Festival e le Giornate Internazionali del Cinema di Maratea. “The Performance”, co-diretto con Caterina Clerici, è il suo primo documentario lungo. Nel 2023, Alfredo ha girato “La Calle Pura”, documentario lungo scritto con Caterina Clerici e selezionato per l’8a edizione internazionale del Biennale College Cinema nel 2019, attualmente in post-produzione.

Caterina Clerici è una regista, giornalista e scrittrice italiana residente a New York e attualmente manager della produzione video per The New York Times. Dopo aver conseguito una laurea in Scienze Politiche e Studi sullo Sviluppo presso la SOAS di Londra, e un Master in Giornalismo presso la Columbia University, dal 2012 ha lavorato come giornalista freelance ad Haiti, Ghana, Rwanda, Brasile, Cuba, Europa e Stati Uniti collaborando con TIME Magazine, The Guardian, Al Jazeera English, Marie Claire, La Repubblica, Libération, La Stampa, The Independent, Zeit Online, Vanity Fair e altri. Nel 2018, è stata la story producer di TIME Magazine per il pilot di The Messy Truth VR Experience, una serie originale di realtà virtuale prodotta da Van Jones e con protagonista Winston Duke di “Black Panther,” che ha vinto il Lumiere Award per la giustizia sociale ed è stata finalista ai 71 Emmy Awards per "Innovazione eccezionale nei media interattivi." Insieme ad Alfredo Chiarappa, Caterina ha co-diretto il suo primo documentario lungo, “The Performance”, e fondato la società di produzione KINOᐧBRIGANTE nel 2021.

Dettagli

Anno
2023
Regia
Alfredo Chiarappa, Caterina Clerici
Durata
70 min
Genere
Documentario
Distribuzione
Kinobrigante / Piroetta
Colore
colore
Cast
Hussein Smko
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